La stampa salernitana è un caso nazionale. Qui la curiosità è morta

E’ stato severo il giudizio emerso nel corso dell’evento “Informazione e Politica a Salerno”, che si è svolto il 3 maggio 2018 nel centro della città, presso la sala conferenze del Bar Moka, sul corso Vittorio Emanuele. La manifestazione è nata dalla collaborazione di storici giornalisti di spicco del capoluogo salernitano, come Massimiliano Amato, Luciana Libero, Mimmo Donadio, e i giovani reporter emergenti Marta Naddei e Andrea Pellegrino, che hanno già condotto numerose inchieste in ambito campano.

Alla serata hanno partecipato anche altri personaggi noti della stampa nazionale, come Francesco Piccinini – direttore di Fanpage, Mario Demarco – Corriere Della Sera e Vincenzo Iurillo de Il Fatto Quotidiano.
In una sala affollata di giornalisti, cittadini socialmente attivi e rappresentanti politici di diverse fazioni, si è discusso del rapporto tra la stampa salernitana e il “potere politico”, inteso come tale, alimentato e rafforzato dall’esercizio di un’informazione più celebrativa che analitica e distaccata, più di sudditanza che di indipendenza, più assopita che zelante e attenta ai pro e contro del decisionismo amministrativo.

Dopo una lunga serie di testimonianze dirette, su inchieste mancate e sottaciute, emerge così il racconto di una Salerno non europea, bensì un caso nazionale oggetto di studio, un esempio purtroppo e per fortuna ancora unico nel suo genere. Una città in cui il giornalismo è diventato “intermediario narrativo” di una realtà semplificata, zuccherata, confezionata su misura delle “esigenze social-teatrali” di una macchina amministrativa, la quale non conosce ricambio di ruoli da quasi 25 anni ormai.

Ciò che sembra rendere davvero esemplare il caso di Salerno è proprio il contesto in cui “modello comunicativo” prende forma. “Qui non siamo in Turchia o in altri contesti di veri e propri regimi totalitari, dove la stampa subisce minacce e pressioni senza mezze misure”, spiega Massimiliano Amato, sostenuto da Piccinini e Demarco. “Salerno è in Italia, e in questa città i giornalisti scelgono liberamente di farsi messaggeri delle istituzioni”, una scelta quindi dettata dalla convenienza e dalla convivenza ricercata con l’amministrazione comunale, rapporto “attraverso il quale tessere una rete di relazioni”, spiega ancora Amato. Un circolo vizioso e blindato su se stesso, in cui la “stampa intermediaria” si alimenta e si assicura lavoro, usando le continue notizie autocelebrative dell’amministrazione, facendole da eco soprattutto sui social e i nuovi canali di comunicazione.

Tutto questo con un riflesso disastroso su una buona parte della cittadinanza. “Quando per oltre 20 anni, come un martello pneumatico, racconti continuamente una bugia ad una comunità, questa finisce per convincersi che la bugia sia vera, più della realtà che si ha tutti i giorni davanti agli occhi”, ricorda con amarezza Luciana Libero. Un fenomeno che ha portato gran parte della società salernitana ad omologarsi ad un sistema feudale, in cui si fa continuamente cerchio attorno a figure istituzionali, difendendole strenuamente, rifiutando e ripudiando il lavoro di una minoranza di giornalisti, quelli che tentano ancora di fare inchiesta, in modo analitico, ricercato, approfondito. Così, di fronte le evidenti ed eclatanti inefficienze in diversi ambiti come trasporti, inquinamento, assistenza sanitaria, viabilità e mobilità, infrastrutture, tanti salernitani sembrano non farsi più domande sul modo di amministrare, sull’utilità o meno di certe scelte, su certe costruzioni ed opere, su come vengano spesi i propri soldi. “Qui la curiosità è morta”, una sentenza quella di Mimmo Donadio Florio che sembra essere più reale che metaforica.

Sembra che in questa città, in tanti abbiano abboccato alla lenza mediatica del cosiddetto “decisionismo amministrativo”, dove la politica e il dibattito pubblico si desertificano a discapito della decisione a tutti i costi, quella che non conosce messa in discussione, portata avanti a qualunque prezzo, prontamente celebrata dai Media conniventi. L’informazione si fa marketing infiocchettato da continue e petulanti celebrazioni di grandi passi evolutivi e innovativi (non è ancora ben chiaro in quale dei tanti settori attualmente disastrati).
L’evento “Informazione e politica a Salerno” ha voluto quindi rappresentare uno storico grido d’allarme, lanciato da una parte residuale della stampa salernitana. Quella ancora convinta che il ruolo di ogni giornalista non sia ricamare comunicati stampa degli uffici di Enti e Istituzioni, bensì quello di cercare fonti, studiare documentazioni e atti,  intercedere e intervenire anche nelle fasi decisionali dell’amministrazione del territorio.

Un grido d’allarme che ribadisce il necessario riappropriarsi di un ruolo ben lontano da quello dell’“influencer”. Forse, ancora oggi il ruolo della stampa potrebbe essere quello di “arricchire” con le critiche, “orientando” il pubblico (più che influenzarlo) a domandarsi se le decisioni degli amministratori siano effettivamente ponderate. In questo senso, la stampa potrebbe darsi ancora l’occasione di offrire valide riflessioni, valutazioni e dibattiti, andando ben oltre la continua propaganda elettorale per “mandanti politici”, o la sfrenata ricerca di like per i giornalisti stessi. Il 3 maggio 2018, una parte della stampa salernitana ha voluto ribadire con forza che sente ancora tale responsabilità nei confronti dei propri cittadini, ed è intenzionata a portare fino in fondo questa mission, che va ben oltre un semplice vincolo deontologico.

Per la versione estesa dell’articolo con tutti gli interventi dei presenti leggimi anche su:

http://www.youcamp.net/stampa-potere-salerno-caso-nazionale/

Marco Giordano

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